La dimensione e il senso del viaggiare vivono una fase di profonda trasformazione, in un’epoca segnata da grandi cambiamenti climatici, tensioni sociali e sovraffollamento turistico emerge sempre più prepotentemente l’esigenza di abbracciare una nuova filosofia e un nuovo approccio.
Se per anni il “turismo sostenibile” è stato il vero punto di riferimento, nel contesto attuale questa visione si rivela oramai insufficiente. I viaggiatori, più informati, hanno maturato la consapevolezza che ridurre l’impatto negativo come avveniva in passato non basta più e così si ambisce a lasciare i luoghi visitati migliori di come sono stati trovati.
Con il 93% dei viaggiatori globali che, secondo le analisi di booking.com, dichiarerebbe di voler compiere scelte responsabili e il 40% che eviterebbe volutamente le destinazioni sovraffollate, si rafforza un’idea di turismo che non consuma ma restituisce valore, bellezza e vitalità alle destinazioni, alle comunità locali e all’ambiente, dove l’obiettivo non è “limitare i danni” ma diventare parte di un cambiamento positivo.
È il cosiddetto “turismo rigenerativo”, risposta all’overtourism, fenomeno che ha colpito duramente molte mete globali. Città come Barcellona e destinazioni insulari come le Baleari e le Canarie sono arrivate al punto di saturazione, con proteste da parte delle popolazioni locali esasperate dall’impatto ambientale e sociale del turismo di massa. Di fronte a queste criticità, il modello rigenerativo offre una soluzione concreta e proattiva, non solo preservare, ma ripristinare e rafforzare.
Non si tratta di un concetto astratto ma di un’idea di turismo che è già realtà in diversi paesi. In Irlanda, un investimento di 108 milioni di euro ha trasformato antiche torbiere in boschi, percorsi naturalistici e strutture ricettive a impatto positivo. In Kenya, alcuni lodge e safari rigenerativi finanziano la protezione degli ecosistemi, supportano le comunità Masai e Samburu e promuovono il turismo responsabile. A Maui, dopo i devastanti incendi del 2023, il turismo è stato coinvolto nella ricostruzione dell’identità culturale e ambientale dell’isola. Anche in Medio Oriente, i megaprogetti di Neom prevedono iniziative di riforestazione, tutela marina e neutralità climatica.
Anche l’Italia si sta affacciando con crescente convinzione a questo nuovo approccio. Il Paese, con il suo patrimonio paesaggistico e culturale diffuso, rappresenta un terreno ideale per sperimentare pratiche rigenerative. Festival come IT.A.CÀ, nati nel solco della sostenibilità, oggi si evolvono in chiave rigenerativa. Organizzazioni come WWF, Slow Food e UNESCO promuovono itinerari che valorizzano territori dimenticati, mentre strumenti normativi come le tasse di soggiorno variabili o i limiti agli affitti turistici mirano a proteggere l’identità dei luoghi.
Tuttavia, le sfide non mancano, servono strumenti per misurare l’impatto reale, standard di certificazione affidabili e percorsi formativi che coinvolgano realmente le comunità locali, diversamente il rischio è quello di trasformare la “rigenerazione” in uno slogan vuoto, utile solo a fini promozionali.
Per il settore alberghiero, il turismo rigenerativo rappresenta una straordinaria leva strategica. Gli hotel che adottano questo approccio diventano non solo alloggi, ma attori attivi di trasformazione, custodi del paesaggio e promotori del benessere comunitario. Offrendo esperienze come laboratori di permacultura, escursioni naturalistiche o workshop di artigianato locale, le strutture possono trasformare un semplice soggiorno in un’esperienza trasformativa per l’ospite.
Dal punto di vista economico i vantaggi sono concreti, dalla maggiore fidelizzazione alla reputazione positiva, ai risparmi energetici e all’apertura a nuovi segmenti di mercato. Ma anche qui i banchi di prova sono reali con costi iniziali di implementazione, necessità di trasparenza e difficoltà di misurare l’impatto che richiedono strumenti sofisticati e una visione a lungo termine. Le nuove tecnologie vengo in aiuto, semplificando il monitoraggio ambientale e sociale e rendendo questo percorso più accessibile.
Fondamentale diventa anche la comunicazione, con le strutture turistiche chiamate a raccontare in modo trasparente e coinvolgente il loro impegno rigenerativo per raggiungere un pubblico sempre più attento ma facendo attenzione al greenwashing considerato che viaggiatori moderni sanno distinguere tra marketing vuoto e autentico impatto. Dati verificabili, certificazioni riconosciute e testimonianze reali sono essenziali per costruire fiducia.
Quella del turismo rigenerativo è dunque una vera e propria sfida, ma se le strutture ricettive, le istituzioni e i viaggiatori sapranno coglierla nei prossimi anni potremo assistere alla costruzione di un nuovo modello, umano, autentico, capace non solo di attrarre, ma di restituire valore alle comunità.
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