Nel mondo dell’ospitalità si sta facendo strada con forza e urgenza la dimensione dell’accessibilità, un modo di intendere e ridisegnare l’accoglienza non solo garantendo l’assenza di barriere architettoniche, ma promuovendo un sistema turistico che sia realmente inclusivo, capace di rispondere alle esigenze di tutti, indipendentemente dalle condizioni fisiche, sensoriali, cognitive o legate all’età.
A livello globale, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, oltre un miliardo di persone (circa il 15% della popolazione) vivrebbe con una qualche forma di disabilità, in Europa Eurostat stima una domanda potenziale di turismo accessibile pari a 127,5 milioni di individui, tra persone con disabilità (46 milioni) e anziani over 65 (81 milioni), in Italia, si calcola che 12,5 milioni di persone avrebbero sperimentato una grave limitazione all’autonomia per almeno sei mesi.
Numeri che se da un lato evidenziano una questione sociale, pongono sotto i riflettori anche un’enorme opportunità economica per il settore turistico consentendo di ampliare il bacino di utenti, destagionalizzare i flussi e rafforzare l’immagine delle località.
Nel Belpaese l’attenzione al tema ha radici nella nostra Costituzione, con l’articolo 3 che sancisce l’uguaglianza e il diritto a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona, ma è solo nel 1989 che è entrata in vigore la prima legge quadro per l’eliminazione delle barriere architettoniche nelle abitazioni (legge 13/1989 e relativo regolamento di attuazione approvato con D.M. 14 giugno 1989, n. 236). Nel 2009, il Manifesto per il Turismo Accessibile ha iniziato a promuovere una visione più ampia della questione non legata solo all’ambito edilizio. Tre anni dopo, con la nascita del Comitato permanente per il turismo accessibile, è stato segnato un passo istituzionale importante.
L’impegno nel tempo ha sgombrato il campo dai luoghi comuni come quello di pensare che il focus, quando si parla di ospitalità inclusiva, riguardi solo chi si muove in sedia a rotelle, un approccio legato all’idea di barriera fisica, magari istintivo ma fortemente riduttivo dal momento che ci sono anche persone con disabilità visive o uditive, chi ha bisogni dietetici specifici, anziani, famiglie con bambini piccoli.
Il salto da compiere è dunque di carattere interpretativo e, di conseguenza, progettuale: intendere l’accessibilità come qualcosa di più ampio dall’ostacolo materiale, un insieme di misure fisiche, digitali, culturali che permettano a ciascuno di viaggiare con dignità e autonomia.
Per fare davvero la differenza serve un cambiamento di paradigma che guardi con attenzione alla formazione degli operatori turistici e ad una nuova visione di infrastrutture e i trasporti che devono essere pensati per tutti, eliminando ostacoli e introducendo soluzioni tecnologiche in modo che il turismo accessibile possa abbracciare anche il patrimonio culturale.
Musei, siti archeologici, teatri, ogni luogo della cultura potrebbe essere aperto a tutti in senso più ampio e democratico con adeguati strumenti, percorsi multisensoriali, guide preparate.
Numerose start-up stanno lavorando in questa direzione, sviluppando app per mappare le barriere architettoniche o piattaforme che recensiscono l’accessibilità di alberghi e ristoranti ma manca ancora una visione coordinata unitaria con tanti progetti che restano confinati a livello locale e non riescono a scalare.
Un esempio concreto di come si possa superare questa frammentazione arriva proprio dalla Capitale, con il progetto For All – Roma, lanciato due settimane fa con l’ambizione di diventare un modello replicabile a livello nazionale.
Al centro dell’iniziativa otto percorsi accessibili che collegheranno i principali snodi di arrivo (stazioni e aeroporti) con i siti simbolo della città: dal Colosseo alla Via Francigena, dalle Basiliche Papali al Foro Romano. Questi percorsi saranno oggetto di mappature tecniche dettagliate per individuare e rimuovere ostacoli non solo fisici ma anche senso-percettivi.
Una piattaforma digitale integrata e un forte investimento nella formazione degli operatori completano un quadro che punta a concepire l’accessibilità in modo sistemico, unendo infrastrutture, tecnologia e cultura dell’accoglienza.
In un anno di grande rilevanza come quello giubilare, questo progetto rappresenta non solo un segnale di attenzione verso le persone con disabilità, ma anche una visione del futuro: un turismo più equo, più umano, più inclusivo. Se la strada verso un’Italia accessibile è ancora lunga, iniziative come For All – Roma tracciano con chiarezza la direzione da seguire.