lunedì, Febbraio 3, 2025
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Viaggio in Norvegia alla scoperta del mondo del Salmone e dell’acquacoltura – Parte Prima

Vi presentiamo in due parti il reportage a firma di Angela Petroccione realizzato in Norvegia, dove insieme al Norwegian Sea Food Council è andata alla scoperta dei sistemi di allevamento della specialità locale, il salmone.

Ripide pareti di roccia disseminate di cascate che incombono su una costa incisa da profonde insenature e fronteggiata da centinaia di isole, fiumi che attraversano foreste di latifoglie e conifere correndo verso laghetti glaciali, ghiacciai e aspre montagne, panorami fiabeschi e incontaminati, scorci da favola.

È la Norvegia dei fiordi e dei villaggi dalle case colorate, dove il sole scompare per mesi ogni anno, un luogo dove il tempo scorre con un ritmo lento e che addentrandosi nelle aree più remote può mostrarsi inospitale e selvaggio, un territorio che ha nella natura la sua forza e nelle tradizioni radicate in millenni di storia un solido ponte verso il futuro.

Tra le sue acque gelide, limpide e cristalline che si mescolano con la calda corrente del Golfo, da secoli si è dediti all’arte della pesca e poco più di cinquant’anni fa, sul finire degli anni Settanta, ha trovato spazio anche la pratica dell’acquacoltura che ha reso la Norvegia uno dei più grandi allevatori di “Salmo Salar” al mondo. 

Cresciuto in gabbie galleggianti distribuite tra i fiordi o nelle insenature delimitate da reti in mare aperto, il “Salmone Atlantico” ricco di proteine, vitamina A, D e B12, antiossidanti e Omega-3, è tra i prodotti ittici più amati e apprezzati dagli italiani. Ogni anno nel nostro paese ne vengono consumate circa 137mila tonnellate, il 96% del quale proviene proprio dalla terra dei fiordi. 

Foto: Norwegian Sea Food

Dopo la forte crescita dell’import attualmente i volumi si sono sostanzialmente stabilizzati per garantire la sostenibilità della produzione, ma l’incremento progressivo degli anni passati ha esposto la Norvegia ad accuse sulle modalità di allevamento: dall’impiego di antibiotici, alla criticità delle condizioni di vita dei pesci, con particolare riferimento alle epidemie di parassiti, il che ha creato dei pregiudizi difficili da scardinare.

Ma come viene allevato il salmone e quanto sono sicuri e sostenibili oggi i sistemi di acquacoltura norvegesi? Quanti passi avanti sono stati fatti per migliorare le performance del settore e quali sono le prospettive di crescita?

Abbiamo esplorato queste terre meravigliose, tra Stokmarknes e Tromsø, insieme al Norwegian Seafood Council, l’ente pubblico fondato dal Ministero della Pesca nel 1991 che si occupa della promozione e commercializzazione dei prodotti ittici norvegesi nel mondo. Il direttore Italia, Tom-Jørgen Gangsø, ci ha condotti in una serie di incontri sul campo tra allevamenti in mare aperto e impianti produttivi, fino ad arrivare alle aule dei Centri di Ricerca e delle Università per dare risposte concrete e tangibili ai nostri quesiti.

L’acquacoltura norvegese: tra rigore gestionale e sostenibilità

Il 28 maggio 1970, sull’isola di Hitra, Ove e Sivert Grøntvedt con dei salmoni allevati in una rete galleggiante diedero il via alla prima generazione d’allevamento dell’Atlantico, gettando così le basi dell’acquacoltura moderna. Da allora molte cose sono cambiate e la Norvegia si è dotata dei sistemi più avanzati e consolidati al mondo in termini di sostenibilità e gestione grazie ad un impegno sistematico da parte delle stesse imprese e alla presenza di normative stringenti.

La Norvegia oggi produce più della metà del Salmone allevato nel mondo e ciascuno degli impianti collocati sulla linea costiera è oggetto di controlli e ispezioni regolari da parte delle istituzioni che hanno lo scopo di verificare lo stato di salute e la qualità dei pesci per l’intero ciclo di vita oltre all’eventuale presenza di infestazioni di parassiti.

I salmoni nascono nei laboratori delle aziende ittiche ma, come ci hanno mostrato al centro Aquacoltura i Vesterålen, la fecondazione avviene, come per quelli selvatici, in acqua dolce dove le uova sono tenute a temperatura costante per circa 80 giorni prima della schiusa. Dopo 12 – 16 mesi i pesci sono pronti per essere trasferiti nelle vasche galleggianti in mare poiché hanno subito un importante processo di trasformazione, la smoltificazione, che gli consente di sopravvivere in acqua salata. Negli allevamenti lungo le coste la temperatura dell’acqua gioca un ruolo fondamentale: compresa tra 8 e 14 gradi Celsius (°C) consente ai pesci di nutrirsi bene e crescere lentamente.

Foto: NSF-Marius Fiskum

Se l’acqua fosse più calda di 16°C infatti, il salmone si stresserebbe, mangerebbe meno e avrebbe una crescita ridotta. Quando i pesci raggiungono un peso di 4-6 kg sono pronti per essere trattati dopo aver passato in mare dai 15 ai 22 mesi.

Ogni impianto di acquacoltura deve offrire spazio affinché i pesci siano liberi di muoversi. Bisogna garantire per le reti dai 25 ai 40 metri di profondità in acqua – ha spiegato Kjartan Danielsen Carlsen – con una circonferenza delle postazioni che può variare dai 90 ai 200 metri. La legge stabilisce infatti che solo il 2,5% del volume può essere rappresentato dai pesci con il rimanente 97,5% costituito da sola acqua, anche se nella maggior parte degli allevamenti la percentuale di pesci scende intorno all’1%.”

Il tutto anche per arginare il proliferare di infestazioni di parassiti, i “sea lie”, che rappresentano la vera piaga dell’acquacoltura cui si sta provando a porre rimedio in vari modi, compreso l’impiego dell’intelligenza artificiale. Nelle vasche vengono infatti posizionati dei laser, innocui per i salmoni, che colpiscono e uccidono i pidocchi di mare. Investimenti significativi ai quali le imprese non rinunciano dal momento che rappresentano uno strumento essenziale per mantenere alta la produttività a fronte di una domanda crescente, il tutto migliorando la qualità della vita dei pesci meno stressati da soluzioni alternative per liberarli dai parassiti come il passaggio dall’acqua di mare a quella dolce dove questi ultimi non sopravvivono.

Foto: Nordlaks

A ciò si aggiunge una attività costante di monitoraggio delle vasche da remoto da parte di operatori specializzati che nelle Control Room verificano in tempo reale, attraverso telecamere installate nelle gabbie, una serie di aspetti come la quantità del cibo somministrata, il comportamento dei pesci, eventuali stati considerati patologici ed altre anomalie che richiedano il tempestivo intervento per il ripristino delle regolari condizioni all’interno delle reti.

Foto: NSF-MariusFiskum

La supervisione da parte delle autorità si estende anche alle strutture di macellazione e produzione come ci ha raccontato Rune Tjønsø, Sales Manager di Holmøy, mostrandoci come si svolgono le attività negli stabilimenti dove operatori specializzati selezionano i pesci distinguendoli per peso e qualità nelle categorie previste per la commercializzazione seguendo protocolli rigidi che consentono di mantenere alti standard.

Leggi l’articolo anche su Horecanews.it 

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