Il settore turistico italiano affronta un paradosso strutturale: il 75% dei visitatori si concentra sul 4% del territorio nazionale, nonostante l’Italia detenga la più alta concentrazione mondiale di patrimoni culturali e paesaggistici. Questa anomalia costituisce il punto di partenza di uno studio curato da Guido Guerzoni dell’Università Bocconi per GetYourGuide, che analizza come il turismo esperienziale stia ridisegnando la geografia dei flussi turistici italiani.
La ricerca si basa su oltre otto milioni di prenotazioni e un campione di viaggiatori internazionali, offrendo il ritratto di un’Italia plurale fatta di borghi, storie e comunità. L’analisi documenta come il turismo che privilegia il vissuto e la relazione rispetto alla semplice visita possa modificare la distribuzione territoriale dei flussi e ridare respiro al turismo culturale nazionale.
Il turismo esperienziale si configura come l’opposto del turismo “da vetrina”. Anziché limitarsi alla fotografia davanti ai monumenti iconici, il viaggiatore partecipa a laboratori artigianali, apprende preparazioni culinarie locali, percorre sentieri con guide autoctone, ascolta narrazioni di chi abita e custodisce il territorio. Un approccio che attiva curiosità, lentezza ed empatia.
Chi sceglie di vivere un’esperienza invece che “fare una vacanza” cerca autenticità e per questo si ferma più a lungo, spende cifre superiori e contribuisce direttamente alla vita economica e culturale del luogo.
Il profilo del viaggiatore esperienziale: il “modern explorer”
La ricerca identifica il turista esperienziale come “modern explorer”, culturalmente attento e disposto a investire tempo e risorse per scoprire l’Italia oltre le destinazioni iconiche.
Questo visitatore presenta una capacità di spesa di 486 euro al giorno in media, fino a quattro volte superiore alle rilevazioni di ENIT, Banca d’Italia e ISNART. La permanenza media raggiunge 8,2 notti, quasi il doppio rispetto alla media nazionale. Non si configura come turista “mordi e fuggi” ma come viaggiatore desideroso di immergersi nel ritmo del luogo.
La struttura della spesa quotidiana risulta particolarmente significativa: 169 euro per l’alloggio, 122 euro per attività culturali e turistiche, 96 euro per la ristorazione e circa 55 euro per trasporti locali e servizi. La spesa si distribuisce quindi lungo l’intera filiera territoriale, generando valore diffuso e sostenibile.
Geografia dei flussi: copertura del 95,5% delle province
Il dato più significativo riguarda la distribuzione geografica. Le esperienze acquistate tramite GetYourGuide coprono il 95,5% delle province italiane (105 su 110) e raggiungono 867 comuni, pari all’11% del totale nazionale.
Oltre la metà di questi comuni ha meno di 10.000 abitanti, il 35% meno di 5.000 e il 7% meno di 1.000 residenti. In un paese con poche grandi città, la capacità di attrarre visitatori nei centri minori può costruire un modello di sviluppo alternativo con effetti duplici: alleggerire la pressione sulle città d’arte e riattivare economie locali e filiere culturali in territori periferici.
Esempi concreti si trovano nei piccoli borghi appenninici o nelle isole minori, dove tour enogastronomici, workshop artigianali o percorsi naturalistici attraggono viaggiatori in cerca di autenticità.

L’esperienza come determinante della scelta di destinazione
Per molti turisti contemporanei l’esperienza costituisce la vera ragione del viaggio. Secondo la ricerca, il 71% di chi ha acquistato esperienze in Italia ha prolungato il soggiorno di almeno una notte, mentre quasi un viaggiatore su cinque ha scelto la destinazione specificatamente per la varietà e qualità delle esperienze disponibili.
Questo dato dimostra che la cultura, se resa accessibile e coinvolgente, può funzionare non solo come attrattore ma come leva per permanenza, spesa e scoperta di nuovi luoghi.
L’impatto economico complessivo raggiunge 9 miliardi di euro generati nel 2024 dai turisti internazionali che hanno acquistato esperienze in Italia, con un effetto moltiplicatore di 1,58 per ogni euro speso localmente.
Piattaforme digitali come strumenti di governance culturale
Il rapporto evidenzia come le piattaforme digitali possano trasformarsi in strumenti di governance culturale. Le collaborazioni con istituzioni e città italiane mostrano un utilizzo della tecnologia non per moltiplicare i flussi ma per gestirli intelligentemente.
Guerzoni cita Firenze e la partnership con Destination Florence che ha portato alla rimozione dei tour legati all’alcol e alla promozione di esperienze rispettose dell’identità locale. I Musei Vaticani hanno sperimentato orari flessibili e accessi scaglionati per migliorare la qualità della visita. La Pinacoteca di Brera ha avviato un progetto di connessione tra innovazione digitale e fruizione consapevole del patrimonio.
Queste case history dimostrano come il turismo esperienziale non sia solo fenomeno di mercato ma laboratorio di sostenibilità dove la collaborazione pubblico-privato può orientare il futuro del settore.
Implicazioni strategiche per l’industria dell’ospitalità
La ricerca presenta numeri e volto di un turismo esperienziale che non consuma i luoghi ma li ascolta, che non accumula fotografie ma relazioni, che non cerca solo “cose da fare” ma storie da vivere.
In un’Italia che rischia di soffocare sotto il peso del proprio successo turistico, questa forma di viaggio si candida come chiave per ritrovare equilibrio tra visitatori e residenti, tra crescita e tutela, tra economia e cultura.

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